Nell’ex refettorio del convento dei domenicani a San Miniato sono stati riportati alla luce cinque scene ad affresco opera del pittore Dilvo Lotti (San Miniato, 1914 – 2009) realizzati, per diretta testimonianza del loro autore, nel 1934.
Gli affreschi di Dilvo Lotti nella sala della Gioventù Italiana del Littorio di San Miniato (1934) oggi Museo della Memoria
Quando Dilvo mi parlò di questa commissione che aveva ricevuto nel 1934 rimasi meravigliato. Conoscendolo da tanto tempo e conoscendo il suo lavoro restai sorpreso del fatto che non li avesse mai citati nei cataloghi delle mostre e non se ne trovasse menzione in nessuna delle sue note biografiche pubblicate a partire dagli anni Trenta fino ad oggi. Dilvo Lotti non aveva dimenticato o rinnegato quell’esperienza, possiamo dire che l’aveva “archiviata”, probabilmente come non del tutto positiva per recuperarla alla soglia dei Novanta anni.
Per inquadrare il periodo e il contesto nel quale queste figurazioni sono state richieste, possiamo velocemente dire che all’inizio degli anni Trenta del Novecento la politica totalitaria del fascismo mirava a coinvolgere ed usare le Arti per i propri scopi propagandistici. La prima ad essere coinvolta è stata l’Architettura vista come emblema dell’organizzazione e dell’efficienza dello Stato. Successivamente saranno coinvolte anche altre discipline come la scultura, la pittura, il mosaico e le cosiddette arti minori. Nel 1933 sulle pagine della rivista “Quadrante” appare il testo del giovane pittore Corrado Cagli (Ancona, 23 febbraio 1910 – Roma, 28 marzo 1976) dal titolo emblematico “Muri agli artisti”. Questo articolo aprirà un dibattito, in verità già esistente tra gli addetti ai lavori, che in poco tempo diventerà un vero e proprio braccio di ferro tra i pittori e gli architetti del Razionalismo. Il Razionalismo, nuovo stile che perseguiva una “linearità architettonica”, voleva che gli edifici e gli spazi interni risultassero “puliti”, “liberi” da decorazioni eccessive e superflue. Ambienti dove i protagonisti dovevano essere il rigore progettuale e i materiali impiegati. Dunque se agli architetti era stato riconosciuto un proprio ruolo, i pittori stavano cercando di ottenerlo ponendosi quali artefici del recupero della grande tradizione rinascimentale della tecnica dell’affresco. Così come ai pittori del medioevo e del Rinascimento venivano affidate le pareti di nei Palazzi Pubblici, sedi dei governi locali, così i pittori di oggi rivendicavano le pareti delle nuove architetture del potere.
È stato dunque nel generale clima di adesione alle nuove direttive del partito nei confronti delle arti che nel 1934 anche a San Miniato si provvede ad affidare alcuni muri agli artisti cioè a commissionare gli affreschi per la Sala della Gioventù Italiana del Littorio che aveva la sua sede non in una moderna architettura razionalista bensì in un antico refettorio dei frati domenicani. Forse è stato proprio in seguito a quanto stava accadendo in merito al coinvolgimento delle arti che nell’Ottobre del 1933 nel palazzo del fascio di San Miniato, in via 4 Novembre, viene organizzata la “Prima Mostra dei Pittori samminiatesi”. L’esposizione era forse, oltre che un incoraggiamento alle arti locali, anche un primo “censimento” in loco sulle forze a disposizione nel settore artistico. Tra i nomi di una certa notorietà presenti nella mostra figuravano il Canonico Francesco Maria Galli-Angelini e Ippolita Briccola, mentre tra i giovani che avevano intrapreso studi regolari di formazione artistica spiccano i nomi di Giuseppe Fontanelli (Bissietta) e di Dilvo Lotti.
La scelta cadde sul giovane Dilvo Lotti, all’epoca appena ventenne, in quell’anno iscritto all’ultimo anno di Magistero presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana a Firenze.
Sulla sua scelta potrebbero aver influito i vari riconoscimenti che il suo lavoro andava incontrando in quel momento, come il secondo posto ottenuto da Lotti nel 1932 ad un concorso regionale a Siena con l’assegnazione della Medaglia d’Argento di Sua Altezza il Principe di Piemonte e i suoi quadri in mostra acquistati dalla banca Monte dei Paschi. Dilvo, inoltre, in quegli anni si sta distinguendo sempre più per il suo modo tutto personale di dipingere.
Al ventenne Dilvo Lotti è richiesto dall’Opera “Balilla” di realizzare cinque scene con la tecnica del buon fresco con il tema dei ragazzi che vestono le varie divise secondo la loro età: Figli della lupa, Balilla, Giovani italiane, i saggi ginnici, il duce a cavallo. Dilvo, per sua testimonianza, eseguì gli affreschi nell’estate del 1934, durante le vacanze estive. Le cinque figurazioni realizzate e oggi riemerse restano l’unica testimonianza a San Miniato del periodo di “muri agli artisti”.
“Il NO generalizzato e prevalente – scrive Dilvo in una lettera – veniva dai benpensanti: come si potevano accettare delle composizioni dove il rosso dei pompeiani, le reminiscenze da Andrea del Castagno o pontormesche, bollivano commiste nel calderone di un grottesco, congenito al carattere dell’autore, servito, realizzato in un tutto non assemblabile all’apologia del partito. (…)”
Dilvo non riscosse la cifra di 400 lire che era stata concordata e non uscì nessun articolo nella cronaca: uno degli affreschi fu scelto per realizzare una cartolina.
“(…) l’anno dopo, il 1935, l’anno magico del murale di Cigoli e della Interprovinciale Toscana al parterre, venni preso sottotiro e spinto alla ribalta da Mario Tinti, Aniceto del Massa e da Ardengo Soffici (1940), i decenni susseguitisi a catena fino a noi hanno fatto la loro parte carissimo Luca, ed io con loro.”
Quanto è riemerso degli affreschi nel corso dei lavori per il Museo della Memoria risulta assai danneggiato dagli interventi che nei decenni sono stati necessari per provvedere all’ammodernamento degli ambienti dal punto di vista degli impianti. Le tracce effettuate per gli impianti elettrici hanno attraversato le composizioni in più punti facendo loro perdere l’insieme compositivo. Solo due affreschi possiamo considerarli integri. In uno di questi a sparire è stato un volto di uno dei ragazzi che sembrerebbe “grattato” volutamente. È necessario provvedere quanto prima ad un restauro completo.
Affresco 1

Esercizi ginnici e sfilata in divisa su uno sfondo urbano
L’affresco che contrassegniamo con il n. 1 lo conosciamo anche per la fotografia di una cartolina che ci aiuta a comprenderne meglio la composizione. ci sono ragazzi intenti a eseguire esercizi ginnici mentre altri, in secondo piano, sfilano in divisa e moschetto su uno sfondo urbano. Il dipinto è incentrato sulla figura di un giovane nell’atto di eseguire un esercizio con un’asta. Alla destra del giovane sono due figure, mentre alla sua sinistra sfilano giovani in divisa e moschetto, sullo sfondo appare un paesaggio urbano. La figura del giovane è impostata in una posa dinamica che suddivide la composizione. Con la mano sinistra sembra tenere un’asta che poi è la linea – cornice dell’affresco stesso, mentre con la mano destra sembra tenere un sasso. La figura dietro sembra colta nell’atto di raccogliere una pietra da terra.
Affresco 2

Duce Cavaliere
L’affresco n. 2 appare molto danneggiato. Lotti rappresenta un uomo a cavallo che travolge un altro uomo disteso a terra. Il cavaliere con mantello e spada è il duce. Il giovane Lotti non segue l’esempio delle grandi composizioni con lo stesso soggetto come il dipinto di Primo Conti “La prima ondata” del 1929 e altri. Al contrario non fa un’esaltazione del capo del fascismo creando in questo caso forse una delle più poetiche rappresentazioni di questo soggetto. Il dipinto appare molto danneggiato.
Affresco 3

Giovani fasciste, piccole italiane, balilla, figli della lupa
Gli affreschi 3 e 4 sono gli unici ad essersi conservati integralmente. Nel n. 3 e nel n. 4 le figure sono impostate su di un fondo rosso “pompeiano” (come scrive nella lettera) sul quale risaltano i neri delle uniformi. Nel n. 3 sono raffigurati bambini e giovani con le divise dei “Figli della lupa”, dei “Balilla”, delle “Giovani italiane”. Cambia l’impianto compositivo abbiamo adesso un riquadro verticale
Affresco 4

Giovani con divise di giochi ginnici
Nel n. 4 i giovani vestono divise dei giochi ginnici. Sono protagonisti tre giovani atleti gesticolanti nelle loro azioni ginniche. Il giovane alla sinistra è senza volto, le fattezze della testa sembrano essere stati cancellati.
Affresco 5

Avanguardisti e Giovani fascisti nelle strade del paese
Nell’ultimo affresco, anche questo molto rovinato, i soggetti sono ancora giovani in divisa sullo sfondo di un’ambientazione urbana.
Questi affreschi, oltre ad essere il primo incarico pubblico nella ricca carriera artistica di Dilvo Lotti, sono a San Miniato la testimonianza di opere nate in seguito al dibattito sull’utilità di tornare ad affidare le pareti di luoghi pubblici agli artisti.