Una delle pagine nere della storia dell’uomo è quella dell’inquisizione: centinaia di migliaia di donne, uomini, animali e bambini arsi sul rogo o uccisi con i metodi più trucidi perché creduti streghe, stregoni o emissari del diavolo.
Bastava così poco per essere additati come “strega”: essere vedove o nubili, possedere un gatto nero, guarire le persone e gli animali con piante o materiale naturale, parlare da soli, la senilità, malattie mentali oppure semplicemente essere introversi. Ma non solo… Si parla anche di carestie, pestilenze, malattie e quant’altro che portavano le popolazioni ad additare qualcuno come colpevole, ed avere quindi un capro espiatorio a cui dare la colpa di tutto quel male.
Ma in tutto questo male, una goccia nell’oceano c’è stata, una storia per come possiamo dire, a lieto fine: parliamo di Monna Gostanza da Libbiano, una vedova, guaritrice, levatrice e filatrice che abitava nelle campagne Toscane. Si parla del 1594 e fu proprio in quell’anno che Monna Gostanza venne arrestata una notte di novembre perché accusata dalla popolazione di stregoneria. Non è difficile capire perché: in quel periodo queste persone venivano viste di cattivo occhio (nonostante molti vi si rivolgevano nel momento del bisogno) se non odiate, infatti si temeva che coloro che riuscissero a fare del bene fossero anche in grado di fare del male.
La donna venne condotta a San Miniato per essere processata e condannata.
Il processo di Gostanza da Libbiano a San Miniato
Il vicario del vescovo di Lucca (diocesi sotto la quale si trovava al tempo il borgo) Padre Tommaso Roffia e il frate Mario Porcacchi sono coloro che interrogarono la povera donna che, sotto tortura della corda, confessò di essere una strega che partecipava ai sabba, aveva rapporti carnali con il demonio e che poteva volare e trasformarsi in animali ogni volta che voleva. La povera donna però ritrattò poco dopo giustificando il fatto che aveva raccontato tutto quello per il dolore provato. Durante tutto il processo si alterneranno momenti in cui la donna conferma di essere una strega ed altri in cui nega. Padre Tommaso Roffia inizia a non credere alle parole di Gostanza, ma padre Mario Porcacchi invece è molto convinto di quelle parole e quindi propenso alla condanna.
Il fatto arrivò anche nelle alte gerarchi ecclesiastiche e l’inquisitore Padre Dionigi da Costacciaro iniziò ad interessarsi al caso di Gostanza da Libbiano per controllare se rientrasse nella Giurisdizione del Santo Uffizio. Fu grazie al suo intervento che alla fine la donna venne scagionata da ogni colpa: infatti padre Dionigi imporrà a padre Porcacchi di liberare la donna in quanto «alla fine s’è veduto che cotesta povera vecchia tutto a detto per tormenti e non è vero niente».
Gostanza finalmente riesce a riacquisire la libertà, ma le verrà negato di continuare il suo lavoro di guaritrice e sarà bandita dal suo paese che lascerà per andare a vivere nel territorio di Chianni.
Nel 2000 è stato girato un film diretto da Paolo Benvenuti, ambientato nei Palazzi di San Miniato e tra i protagonisti possiamo ricordare Lucia Poli nel ruolo di Gostanza da Libbiano, Valentino Davanzati nel ruolo di Monsignor Tommaso Roffia e Renzo Cerrato nel ruolo di Padre Dionigi da Costacciaro.